“Quei momenti da vino rosso, tempo che rallenta, parole improbabili, occhi tanti e poi ridere” (Fabrizio Caramagna). Andiamo a scoprire insieme in questa guida dettagliata quali sono le caratteristiche del Barolo e a quali piatti abbinarlo.
Un vino D.O.C.G.
Originario delle colline di Langa, a pochi chilometri a sud di Alba, diffuso sul territorio di undici comuni della provincia di Cuneo tra i quali, naturalmente, quello dal quale prende il nome, il Barolo è ottenuto esclusivamente dai vitigni autoctoni del Nebbiolo coltivati in terreni non al di sotto dei centosettanta metri di quota e deve invecchiare non meno di trentotto mesi, metà dei quali all’interno di botti in legno di rovere. Perché usare esclusivamente botti di legno per l’affinamento dei vini? Perché è grazie all’impiego di questo materiale naturale che si ammorbidiscono i tannini, ossia i polifenoli presenti all’interno delle bucce, nei vinaccioli e nei raspi che danno quella sensazione di “astringenza” al sapore. Il legno permette inoltre di stabilizzare il colore e proteggere il vino dalla degradazione naturale.
Il termine del Nebbiolo, vitigno a bacca nera da cui hanno origine vini nobili, evoca alla mente sia le nebbie che coprono le Langhe durante la stagione autunnale durante la vendemmia, sia il velo opaco che copre gli acini, costituito da una sostanza prodotta dalle cellule superficiali dei frutti. Ne esistono quattro varietà: il Michet, il Lampìa, il Rosé (oggi quasi del tutto abbandonato per la scarsa resa) ed il Bolla, che prende il nome dal suo selezionatore. Il clima continentale temperato, la protezione delle alpi dal freddo proveniente da nord e da ovest ed il terreno marnoso fanno di questi 2.150 ettari un territorio ideale per la coltivazione della vite. Le precipitazioni si concentrano nei mesi di aprile, maggio e settembre ed influiscono sulla produzione di ciascuna annata sebbene il Nebbiolo, essendo una pianta resistente, non subisce quasi mai un’alterazione qualitativa dovuta all’eccessivo apporto idrico. Il bouquet del Barolo, a seconda dello stato evolutivo e del comune di provenienza, presenta note fruttate e floreali come viola, vaniglia e frutti rossi, oppure note terziarie come catrame e spezie. Il colore è rubino trasparente che, invecchiando, vira verso l’aranciato. I profumi delle Langhe, la nocciola e il tartufo, lo rendono inconfondibile.
Storia di un rosso dalla grande personalità
Il Barolo fece la sua comparsa a metà dell’800 nelle cantine del castello dei marchesi Tancredi Falletti e Juliette Colbert, grazie alle abilità vinicole di Paolo Francesco Staglieno, autore del manuale “Istruzione intorno al miglior metodo di fare e conservare i vini in Piemonte”, pioniere nella nascita della nuova enologia piemontese nonché consulente enologo al servizio del conte di Cavour. Staglieno importò da oltralpe il “metodo Gervais”, che consisteva nell’utilizzo di un apposito alambicco per eliminare l’eccedenza di acido carbonico e biossido di carbonio durante il procedimento di vinificazione.
Fino a quel momento infatti il predecessore del Barolo, già noto millenni prima ai popoli Galli e Romani e successivamente decantato dal presidente Jefferson, consisteva in un Nebbiolo frizzante, che solo grazie all’intervento di Staglieno divenne fermo, strutturato e rotondo. Grazie all’impegno di Juliette Colbert nella diffusione del Barolo tra le corti europee, il vino delle Langhe ebbe estimatori illustri, tra i quali Re Carlo Alberto, che ne avviò una produzione personale, ed il figlio Re Vittorio Emanuele II, che imitò l’esempio del padre acquistando la tenuta di Fontanafredda a Serralunga d’Alba. Il vino simbolo dell’unità d’Italia ottenne finalmente il riconoscimento DOC, Denominazione di Origine Controllata, nel 1966 e quello di DOCG (dove la G sta per “garantita”) nel 1980.
Bottiglie di pregio e di valore
Per comprendere meglio il valore di una bottiglia di Barolo dobbiamo considerare che i grappoli vengono raccolti a mano (niente raccolta automatizzata) e che il valore di un ettaro di terreno coltivabile all’interno degli undici comuni del Barolo è il più elevato d’Italia (tra 1,5 e 2,5 milioni di euro). Oltre al Barolo D.O.C.G., dall’invecchiamento minimo di 36 mesi, possiamo trovare il D.O.C.G. Riserva, che ha subìto invece un invecchiamento di almeno 62 mesi di cui almeno 18 in botti di rovere.
Il prezzo di una bottiglia di qualità discreta oscilla tra i 15 ed i 25 euro. Salendo di prezzo troviamo il “Voghera Brea Riserva” invecchiato otto anni, tra le bottiglie più rinomate, che costa sui 65€, il “Rocche del Falletto Riserva di Bruno Giacosa”, sui 120€ ed il Barolo “Montorfino Riserva del 1999 di Conterno”, sui 210€. Il Barolo più caro del mondo è il “Bartolo Mascarello”, che parte da un costo di 420€.
Abbinamenti gastronomici
Il Barolo va servito tra i 18 ed i 20 °C per esaltarne le note morbide e permettere la completa apertura del suo boquet. Gli arrosti di carne rossa, la cacciagione, i brasati e la selvaggina sia da pelo che da piuma ne costituiscono un abbinamento grandioso (basti pensare al brasato al Barolo), ma si sposa benissimo anche con piatti a base di tartufo, tra i quali spiccano i piemontesi tajarin, fatti di una sottile pasta all’uovo.
Non dimentichiamo un piatto tipico della tradizione piemontese quale il risotto al Barolo, preparato a partire da un brodo di carne cui viene aggiunto il riso che è stato cotto nello stesso burro in cui è si è fatto sciogliere un cipollotto. La preparazione viene completata versandovi il nostro protagonista delle Langhe e decorando il piatto con foglie d’alloro.
Il Barolo può infine essere degustato da solo, essendo vino da meditazione, oppure accompagnato con formaggi stagionati.